Il quadro che emerge dall'indagine dell'Ufficio statistico europeo non svela nulla di nuovo, se non l'asimmetria tra desideri pubblici e comportamenti privati, e la profondità dell'indottrinamento verde nel pubblico europeo (e italiano). Secondo il campione intervistato, il riscaldamento globale è la seconda maggiore sfida che l'umanità dovrà affrontare nel prossimo secolo (62 per cento), dopo la povertà e prima del terrorismo, la guerra e la recessione. Scopro di appartenere al 7 per cento degli europei (e 8 per cento degli italiani) che non ritengono il global warming un problema serio: suvvia, considerando il bombardamento mediatico non è poco. La maggior parte degli europei - poco più della metà - dicono di essere molto o abbastanza informati.
Ora viene il bello: il 61 per cento degli europei afferma di fare qualcosa contro il cambiamento climatico (a proposito: cambiamento climatico è politicamente più sexy di riscaldamento globale. D'ora in poi userò la formula riscaldamento globale); il 56 per cento pensa che le politiche climatiche possano avere un impatto positivo sull'economia europea. Però, il 67 per cento pensa che i cittadini (gli altri) non stiano facendo abbastanza, come non stanno facendo abbastanza le imprese (76 per cento), i governi (64 per cento) e l'Europa (58 per cento). Cioè, mi spiego: la maggioranza degli europei pensa di fare abbastanza ma che gli altri non lo facciano. Non commento.
Se poi si chiede ai cittadini cosa stanno facendo, in pratica, le prime tre risposte sono: la raccolta differenziata dei rifiuti (46 per cento), che dubito possa avere grandi effetti sulle emissioni; riducono i consumi energetici a casa (39 per cento), cosa che non sembra emergere dai dati sui consumi al di fuori della componente di risparmio indotta dal caro-petrolio (che si vede soprattutto sui consumi di carburanti per autotrazione); e riducono il consumo di acqua (33 per cento). Il 44 per cento degli europei dice poi che sarebbe disponibile a pagare di più (tra l'1 e il 30 per cento) per l'energia se questo consentisse di affidarsi a energia "pulita", whatever it means. Naturalmente, anche in questo caso i fatti non seguono alle parole: se ci fosse davvero una così solida domanda per un aumento dei prezzi, le offerte commerciali si moltiplicherebbero (non lo fanno) e i sussidi non sarebbero necessari (lo sono, ahimé, per rispettare gli obiettivi sulle rinnovabili). Almeno su un punto gli europei hanno una visione realistica della realtà: solo il 25 per cento di coloro che dicono di "far qualcosa" giustificano la loro scelta dicendo che "mi fa risparmiare soldi". Per quanti pregi abbiano i comportamenti cosiddetti sostenibili, costano di più. Un incredibile 8 per cento sostiene di essere stato esposto agli effetti del riscaldamento globale: forse pioveva (o non pioveva, non ricordo più quale delle due vada di moda adesso) il giorno in cui sono stati intervistati.
Le risposte degli italiani non si discostano granché da quelle degli europei. Vi sono alcune risposte su cui, invece, la differenza si vede. Per esempio, "solo" il 47 per cento degli italiani (contro i due terzi degli europei) ritiene che il riscaldamento globale sia il più urgente problema da risolvere. E' interessante perché la risposta non riflette un atteggiamento egoistico, ma una diversa lettura delle priorità: per gli italiani, come per gli europei, il primo problema è la povertà, il secondo è il terrorismo. Solo dopo, e con meno della metà dei voti, arriva il global warming. Gli italiani si mostrano anche meno ipocriti degli europei: "solo" il 49 per cento dice di fare molto o abbastanza per contrastare il riscaldamento globale, contro il 61 per cento degli europei. Il 48 per cento "soltanto" dice di aver ridotto i consumi energetici, e questo è comprensibile perché noi abbiamo già consumi relativamente bassi a causa dei prezzi proibitivi. Neppure i consumi idrici vengono ridotti ("solo" il 42 per cento dice di farlo), per la ragione opposta: l'acqua costa pochissimo e quindi ne sprechiamo a secchiate.
Questo sondaggio dice, sostanzialmente, una cosa: gli europei (italiani compresi) sono sommersi da un mare di propaganda. Bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare.
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