giovedì 26 giugno 2008

Aurelio Peccei ed il Club di Roma: il lungo inganno dell'ambientalismo

Visto che siamo in tema di "tiro al piccione" nei confronti dei padri dell'ambientalismo italiano...
Questa è la storia di una disillusione, di un disinganno. E' la mia storia.

Scriveva Giorgio Nebbia il 16 marzo del 2004 su La Gazzetta del Mezzogiorno, in "Ricordo di Aurelio Peccei: "Nel 1968 Aurelio Peccei riunì alcuni studiosi di passaggio da Roma e insieme decisero che il "destino dell'umanità" doveva essere analizzato scientificamente, che le generazioni future dovevano essere avvisate di quello che stava per succedere, dovevano essere messe in guardia sui mutamenti e sui possibili pericoli planetari. I due concetti - "attenzione ed educazione al futuro" e "visione del destino dell'umanità" - hanno apparentemente guidato da allora tutta l'opera e la vita stessa di Peccei. Il gruppo di persone riunite da Peccei si costituì come "Club di Roma" e decise di investire dei soldi per uno studio sul futuro dell'umanità." La frase "nel 1968 riunì alcuni studiosi ed insieme fondarono il Club di Roma" è ripresa anche da Wikipedia. Aurelio Peccei, originario di Torino, si era trasferito in Argentina nel 1949 dove fondò e presiedette per 20 anni la Fiat Concord, che divennne ben presto la maggiore azienda industriale dell'Argentina. Nel frattempo lo troviamo, negli anni '50, fondatore della Italconsult (tra Fiat, Innocenti e Montecatini), poi negli anni '60 amministratore delegato della Olivetti e componente di un consorzio internazionale di banchieri. Il Club di Roma volle richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale sui problemi del futuro realizzando un libro che si prefiggeva di spiegare, in forma convincente e provocatoria, che cosa ci si sarebbe potuti aspettare all'inizio del ventunesimo secolo. Mediante modelli matematici e l'uso di (allora, nel 1970) potenti calcolatori elettronici, alcuni studiosi, per conto del Club di Roma, analizzarono che cosa sarebbe potuto succedere se alcuni fenomeni fossero aumentati con certe tendenze. Col titolo "I limiti dello sviluppo" il Club di Roma propose, in un famoso libro del 1972, le sue conclusioni all'attenzione mondiale sollevando, apparentemente, una tempesta. Quello che è certo è che questo testo ed i successivi editi dal Club di Roma esercitarono una notevole influenza sul nascente movimento ambientalista italiano. Dopo la sua lettura, insieme a quella di "100 pagine per l'avvenire" dello stesso Peccei (1981) io stesso aderii alle istanze proposte dal Club di Roma e per molto tempo non mi posi il problema della loro messa in discussione. Ma il tempo passa e nonostante la greve cappa che oramai avvolge tutto, qualche spiraglio si fa strada e cominciano ad avanzare idee ben diverse. Ecco ad esempio quello che non dicono Giorgio Nebbia e Wikipedia. Aurelio Peccei apparteneva alla massoneria e faceva parte del Comitato dei 300 (Il Comitato fu fondato dalla Nobiltà nel 1729 per occuparsi dell'attività bancaria internazionale, dei problemi legati al commercio e per sostenere il traffico dell'oppio indiano. E' controllato dalla Corona britannica. Comprende l'intero sistema bancario mondiale e i più importanti rappresentanti delle nazioni occidentali. Si tratta di trecento famiglie che, generazione dopo generazione, governano il mondo sotto la supervisione di gruppi più piccoli). Una volta Aurelio Peccei confessò al suo amico Alexander Haig (Commissione Trilaterale) di sentirsi "un Adam Weishaupt incarnato" (Weishaupt fu l'uomo che ispirò i moderni Illuminati; frase citata da John Coleman in "The Cospirators' Hierarcy: The Story of the Committee of 300, 1992, pag. 15). Peccei diresse la Fiat Concord sotto Giovanni Agnelli, massone e preminente membro del Gruppo Bilderberg nonchè del Comitato dei 300. Il Club di Roma fu fondato in realtà durante alcuni incontri tenutisi a Villa Serbelloni, proprietà della Fondazione Rockefeller a Bellagio (Gary Allen, The Rockefeller File). Il vero scopo del Club di Roma era ed è quello di organizzare la propaganda sulla crisi ambientale e sfruttare quest'ultima per giustificare la centralizzazione del potere (secondo il paradigma problema-reazione-soluzione), la soppressione dello sviluppo industriale sia in Occidente che nel Terzo Mondo ed il controllo della popolazione mediante l'eugenetica. Aurelio Peccei era un ferreo sostenitore del governo mondiale ed il suo Club di Roma ha messo a punto piani per riorganizzare il mondo in cinque regioni sotto il controllo di un'autorità mondiale centrale. Lo stesso studio "I limiti dello sviluppo" è stato sponsorizzato dai Rockefeller e questo ha permesso di farne 18 edizioni in 23 lingue. Questo studio è stato citato ampiamente dal mondo ambientalista a supporto delle proprie tesi. In realtà, a mio parere, il mondo ambientalista farebbe meglio a pensare che tutto ciò che proviene dal Club di Roma fa parte di un piano dell'Elite volto a manipolare il pensiero umano ed a persuadere la gente ad accettare gli scopi del Nuovo Ordine Mondiale. Potrebbero anche, gli ambientalisti, considerare il fatto che Aurelio Peccei in seguito ammise che il computer utilizzato per elaborare i loro dati e per formulare le loro tesi era stato programmato a produrre il risultato desiderato. Disse che ciò era stato fatto perchè le nazioni avevano bisogno di una "schockterapia" se si voleva far loro accettare il controllo della popolazione (Executive Intelligence Review, Special Report, Global 2000: Blueprint for genocide, pag. 16). Termino dicendo che, naturalmente, il tema del giorno, il cosiddetto "Riscaldamento Globale", la grande menzogna (cioè una "comoda menzogna") è figlio dei germi seminati dal Club di Roma a suo tempo, ed Al Gore è un degno emulo di Aurelio Peccei (a quali sezioni nascoste dell'Elite appartenga Al Gore non sto a dirvelo ora, ma sicuramente ci ritorneremo su...).

Alessandro Ghigi: "Il nostro compito non è quello di elevare il livello delle popolazioni nere"

Continuiamo la lettura del libro "Problemi biologici della Razza e del Meticciato". Nella parte dedicata al "Razzismo", Alessandro Ghigi scrive:
"I rapporti reciproci fra le diverse raze umane sono stati sempre improntati, secondo il temperamento della razza supariore. Il sistema intransigente è quello degli Anglo-Sassoni e trova il suo fondamento nel fatto che essi sono normalmente frigidi sotto l'aspetto sessuale; non sono inclinati a trasporti sentimentali verso gente di colore, che considerano una umanità di grado molto inferiore alla propria e colla quale è innaturale mescolarsi. In Tasmania l'anglosassone ha completamente modificato a proprio vantaggio le condizioni di esistenza locali, accelerando con la guerra di sterminio la distruzione delle popolazioni indigene. Dopo la guerra di secessione americana, i negri penetrarono nelle città del nord e gli umanitaristi, avendo agio di valutarne la inferiorità intellettuale, li tennero a distanza. Nel sud il Ku-Klux-Klan terrorizzava l'infantile mentalità negra. I negri ne furono intimoriti, si distolsero dall'esercizio del voto e sentirono di nuovo la distanza di razza."

Infine nella sezione "Meticciato", parla di due "sistemi" vigenti nei paesi coloniali, quello cioè che ammette il "meticciato" (vale a dire la prole fra persone di diversa etnia) e quello che lo esclude". Si chiede Ghigi: "Quale dei due sistemi è migliore sotto l'aspetto della razza ? I dati analitici sull'ibridsimo umano, studiati con criterio genetico, sono pochi, tuttavia quellli che vengono citati da questo o quell'autore, concludono a maggioranza con uno studio sfavorevole all'ibrido, specialmente sotto l'aspetto psichico e morale. Qui si deve notare che l'ibrido è per solito figlio di uomo appartenente a razza inferiore e che il primo, generalmente, abbandona madre e figlio al loro destino. L'ibrido cresce adunque in uno stato di rivolta contro la società superiore e contro quella inferiore, che lo respingono come il prodotto del piacere da un lato, del tradimento dall'altro e quando esso, cresciuto, si rende conto della realtà delle circostanze che hanno determinato la propria nascita, odio contro la società e delinquenza si annidano in lui."
Dice ancora Ghigi: "Il Padre Alberto Perbal, capo della organizzazione missionaria francese e perfetto conoscitore dei popoli africani, proclamava in un recente convegno, l'esistenza di popoli superiori e popoli inferiori. Non chiudiamo gli occhi, egli diceva, alla realtà. Senza arrivare al punto di dire che il mulatto è un mostro, si possono legittimamente far rilevare fatti che dimostrano che la nostra epoca non gli è favorevole: il meticcio è condannato al tormento; può essere causa di regresso e disgregazione, una ferita nella evoluzione naturale; la sua presenza in numero notevole solleva problemi estremamente delicati nelle colonie. Il colto sacerdote conclude auspicando una pace fra le razze umane, nella quale ciascuna di esse deve restare ciò che essa è, nella sua felice diversità dalle altre. Parmi che le direttive del regime fascista non possano ricevere migliore approvazione di questa, che gli viene data da un competente sacerdote francese. Il nostro compito in Etiopia è quello di colonizzare mantenendo intatta la superiorità della nostra stirpe, non quello di abbassarne il livello per elevare quello delle popolazioni nere".

Ecco il Manifesto della Razza sottoscritto da Alessandro Ghigi, padre dell'ambientalismo italiano




Lo trovate nel blog di Corrado.

IL DOCUMENTO STORICO SULLA CUI BASE VENNERO SCRITTE E, QUINDI, EMANATE IN ITALIA DURANTE IL REGIME FASCISTA LE FAMIGERATE“LEGGI RAZZIALI”

Grazie per l'attenzione.



martedì 24 giugno 2008

Alessandro Ghigi: "Gli italiani, razza superiore, non si debbono incrociare con le razze inferiori"

Nella "Premessa" del suo "Problemi Biologici della Razza e del Meticciato" (Zanichelli, Bologna, 1939), Alessandro Ghigi spiega di aver scritto l'opera per "illustrare le basi biologiche della politica voluta dal Regime Fascista nelle terre dell'Impero". Pur non avendo la pretesa di considerarsi "biologo delle razze umane", dice di aver "esaminato alcuni problemi della razza con spirito e cultura zoologica, applicando alle razze umane i concetti della genetica e della zoogeografia", poichè le "questioni biologiche riguardanti le razze animali in generale sono di competenza dello zoologo". Il lavoro è stato quindi in modo "precipuo" la sintesi di "conversazioni" che era stato invitato a tenere dall'"Istituto Nazionale di Cultura Fascista sui problemi della razza e sul razzismo".
Nella sezione "Razze umane e loro migrazioni" spiega (a modo suo) l'origine dei popoli europei: "attraverso le steppe e le foreste nordiche cavalcarono le orde dei nobili Aria che popolarono l'Europa settentrionale, donde puntarono costantemente verso il sud in cerca di sole e di caldo"
Nella parte dedicata agli "Italici", Ghigi scrive: "Sotto l'aspetto biologico, razziale e più precisamente sotto quello dell'integrità fisica della razza, la questione è stata affacciata dal Duce in numerosi discorsi, a cominciare dal 1917, ma è stata impostata come problema politico di primaria importanza colla conquista dell'Impero etiopico." Per spiegare che la specie umana è una sola, cita il caso dei "bastardi" di Rehoboth, frutto dell'"incrocio" di discendenti olandesi con donne ottentotte, le quali secondo Ghigi appartengono "ad una razza fra le più degradate psicologicamente": "l'olandese superiore e l'ottentotta inferiore". Poi dà per scontato che siano note "le qualità proprie di un piemontese o di un lombardo, in confronto a quelle che caratterizzano un calabrese o un siciliano: maggior tenacia, precisione e calma nel primo, maggiore vivacità di pensiero, prontezza ed ardimento nel secondo. Le une e le altre sono proprietà ereditarie che caratterizzano le due sottorazze; esse formano il patrimonio costituzionale di ciascuna popolazione; la loro mescolanza conduce ad una maggiore omogeneità psichica nella sottoraza derivata da quelle e crea la possibilità che nascano uomini dotati di più d'una di quelle proprietà che, raggiungendo la maggior e possibile intensità di grado, formano il genio. Il genio, infatti, non è che l'espressione delle migliori qualità psichiche, razziali ed ereditarie della stirpe, riunite in un uomo." E qual'è il sommo genio degli italiani ? Leggete un po': "E se il popolo italiano vibra di entusiasmo alla parola di Mussolini e pensa ciò che egli pensa e vuole ciò che egli vuole, questo accade perchè il duce nostro esalta in se stesso i più alti valori della stirpe e risveglia nell'animo e nel cuore degli italiani un'immediata corripsondenza di sentimenti, di fede e volontà."
Gli italiani denoterebbero, per Ghigi, "superiorità razziale, manifesta nella massa del popolo italiano, caratterizzato da una laboriosità impareggiabile, da sobrietà, da una capacità che pochi eguagliano". Perciò bisogna "proseguire nell'opera che tende a dare maggiore omogeneità alla razza".
Passando a discutere sugli "Etiopici", Ghigi scrive: "Gli italiani, che appartengono ad una razza superiore, sono oggi chiamati a colonizzare vasti territori dell'Impero etiopico ed a trovarsi di fronte a razze inferiori." "Il problema della convivenza degli italiani cogli etiopici, doveva dunque essere affrontato e risolto in blocco, nei suoi due soli elementi razziali antagonistici e la legislazione fascista ha stabilito che la razza italiana debba vivere e prosperare in Etiopia, accanto ed in collaborazione con le numerose razze di colore, ma senza mescolarsi etnicamente con queste".
Questo sito illustra la pubblicistica fascista improntata al razzismo entro cui si inserisce il pamphlet di Alessandro Ghigi.

sabato 21 giugno 2008

Alessandro Ghigi, padre dell'ambientalismo italiano, era creazionista e non evoluzionista

Un consiglio. Prendetevi il tempo ed andate in una delle (poche) biblioteche dove è disponibile il testo: "Problemi biologici della razza e del meticciato" di Alessandro Ghigi (allora deputato fascista) edita da Zanichelli a Bologna nel 1939 (anno XVII dell'Era Fascista tanto cara a Ghigi). A lato trovate un primo elenco di Biblioteche pubbliche dove il libro è disponibile per la consultazione. Il testo consiste di 54 pagine, perciò è leggibile in un pomeriggio. Io l'ho fatto ed ora vi propongo alcuni passi.

A pag. 9 Ghigi ci rammenta che: "nel primo libro della Genesi sta scritto che Dio ordinò alle acque ed alla terra di produrre le piante e gli animali secondo la loro specie". Per Ghigi quindi il concetto di specie è legato alla creazione da parte di una entità immateriale. Se la specie è stata creata, essa è quindi "distinta dalle altre affini, la sua esistenza è fuori discussione". A pag. 10 Ghigi prende le distanze in modo netto dall'evoluzionismo darwinista: "Tutte le teorie della evoluzione ed in particolare quelle sulla origine delle specie, hanno avuto carattere prevalentemente filosofico, spesso informato a tendenze sociologiche o religiose, che si sono valse di illazioni più o meno logiche ma spesso arbitrarie, tratte da un complesso di osservazioni non affiancate dall'esperimento. Quando questo è stato possibile, fatti e critica hanno quasi sempre dimostrato, che i gruppi considerati non appartengono a specie distinte, ma a razze diverse della medesima specie, così che si può affermare che tutte le teorie sull'origine delle specie sono, nella loro parte sperimentale, quasi esclusivamente teorie razziali". In parole povere, Ghigi, il padre dell'ambientalismo italiano, credente, impronta le proprie tesi, che vedremo poi intrise di acuto razzismo, sulla creazione così come viene narrata nelle sacre scritture, e fa a pezzi l'evoluzionismo darwinista. Non solo, ma fa derivare tutti i concetti razzisti che divulgava, fra l'altro, durante frequenti conferenze (vengono citate nel testo quelle tenute a Bologna, Imola, Faenza, Forlì, Ravenna, Rimini, Ancona, Rovigo, Vicenza e Trieste) dal fatto che le razze dovevano rimanere così come Dio le aveva create, possibilmente ognuno a casa sua (soprattutto quelli con la pelle scura). Come si può vedere, il pensiero attuale di molta gente di strada ha radici lontane...

venerdì 20 giugno 2008

Alessandro Ghigi, l'ambientalismo e l'ideologia della razza

Avviciniamoci ora alla nascita vera e propria del movimento ambientalistico italiano. L'ambientalismo come militanza, come mission, potrebbe essere paragonato al monachesimo, laddove la mission era ben conosciuta fin nei minimi termini grazie a specifiche "regole" che venivano studiate e ripassate quotidiamanente. Ad esempio, i benedettini conoscevano (e conoscono) a menadito sia la Regola di San Benedetto che la storia della vita del Maestro. Siamo sicuri che sia lo stesso per gli ambientalisti nostrani ?
Michael Crichton, nell'appendice del suo ultimo libro Stato di Paura, scrive di un filo diretto che lega le teorie eugenetiche degli anni '20 e '30 con la teoria del "riscaldamento globale" dei nostri giorni. "Entrambe razziste, avversano lo sviluppo e il progresso delle popolazioni povere".
Alessandro Ghigi (1875-1970) è considerato il padre dell'ecologismo italiano. A lui tra l'altro, è dedicato l'Istituto Nazionale Fauna Selvatica. Il presidente onorario del Wwf Fulco Pratesi ha definito Ghigi come "l'antesignano di ogni organizzazione della natura nel nostro paese". Si tratta perciò di un padre dell'ideologia ambientalistica italiana. Pochi sanno però che Alessandro Ghigi è stato anche un razzista caparbio, vicepresidente della Società Italiana di Genetica ed Eugenetica (SIGE), che ha partecipato ai congressi internazionali delle società eugenetiche, che ha scritto libri disprezzando ebrei, neri ed altre etnie, che ha firmato il Manifesto della Razza del fascismo nel 1938 con cui ebbe inizio la discriminazione degli ebrei in Italia. Basta scavare un po' dietro la facciata rispettabile di Ghigi per trovare notizie inquietanti, talvolta rimosse dalle biografie ufficiali. Nel suo libro "Problemi biologici della razza e del meticciato" (Zanichelli, Bologna, 1939), Ghigi descrive il tema delle degenerazioni causato dall'incrocio con razze nere che sarebbero "evolutivamente inferiori e geneticamente incompatibili". Per quanto riguarda gli ebrei, nel libro di Giorgio Israel e Pietro Nastasi "Scienza e razza nell'Italia fascista" (il Mulino, Bologna, 1998) si ricorda che due fautori della politica razziale mussoliniana come Guido Landra e Nicola Pende parlano di Alessandro Ghigi come di "uno dei razzisti più estremi". Ghigi era un seguace delle teorie di Thomas Malthus, che vedeva nella crescita della popolazione una minaccia alla natura. Coerentemente con il pensiero darwinista secondo cui in natura sopravvive il più forte, Ghigi aveva abbracciato l'idea eugenetica più radicale, quella di stampo anglosassone e teutonico, secondo cui bisogna applicare una selezione delle razze per moltiplicare i forti ed eliminare i deboli. Nel 1959, dopo alcune esperienze di carattere locale, Ghigi diede vita alla Federazione Nazionale Pro Natura. Nella Carta di Forlì (1973-1981) Pro Natura precisa tutti i fondamenti di quello che negli anni che seguirono è stato il programma di tutte le associazioni ambientalistiche italiane. In pratica vi si sostiene che un aumento dei livelli di vita è da evitare perchè danneggia la natura, e nella stessa Carta, inoltre, si legge: "Occorre giungere a una stabilizzazione del livello della popolzione e, in un secondo momento, ad una progressiva riduzione, date le condizioni di massiccia antropizzazzione e l'alto consumo di risorse tipiche di un paese industriale come l'Italia". L'ideologia malthusiana - specie nell'uso rozzo, contundente e massimalistico che ne hanno fatto politici e attivisti dell'ecologismo - è di fatto uno dei versanti più perniciosi dell'ideologia ambientalistica, quella stessa ideologia da cui peraltro, si arriva all'uomo indicato come "cancro del pianeta"

Tratto da: "Le bugie degli ambientalisti. I falsi allarmismi dei movimenti ecologisti" Secondo Volume. Di Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari. Piemme 2007

Aggiungo: Alessandro Ghigi era stato eletto Deputato Fascista il 25 marzo 1934 ed inseguito fu nominato (non eletto) Senatore dell'Italia Fascista dall'allora Ministro dell'agricoltura e foreste Giacomo Acerbo il 6 febbario 1943, con Giuramento in Comitato segreto il 29 aprile 1943. Ha ottenuto le seguenti onorificenze: Commendatore dell'Ordine dei S.S. Maurizio e Lazzaro e Grande ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia.

La BEIC – Seconda parte: il contrabbando della droga.

Il commercio mondiale della droga ebbe inizio con la BEIC e fu in seguito intrapreso anche dalla Dutch East India Company. La BEIC iniziò il suo monopolio sulla produzione ed il commercio dell’oppio in India dopo la conquista inglese del Bengala nel 1757. Secondo John Coleman il monopolio del commercio dell’oppio indiano in Cina fu attuato dalla BEIC col consenso del governo inglese attraverso la sua politica ufficiale. Questo fu uno dei segreti più nascosti, avvolto come fu da storie e leggende fuorvianti, come quelle raccontate da Rudyard Kipling. Oppure da quelle storie di vascelli che attraversavano gli oceani col loro carico di te cinese destinato ai salotti buoni dell'Inghilterra vittoriana. In realtà, secondo John Coleman, la vera storia dell'occupazione inglese in India e delle Guerre dell'Oppio fra Inghilterra e Cina è stata una delle più sporche vicende della civiltà occidentale. Almeno il 13% dei guadagni in India durante il dominio inglese derivava di norma dalla vendita di oppio del Bengala di buona qualità ai distributori inglesi operanti in Cina. Ufficialmente la BEIC si occupava di commercio del tè, ma nessun giornale inglese allora indagava sul fatto che fosse impossibile fare enormi profitti solo col commercio del tè, e che gli ufficiali gentlemen inglesi spediti in India fossero finanziati solamente dalla miseria di milioni di contadini cinesi assuefatti all'oppio. In seguito la Corona Inglese, cioè la Famiglia Reale, si inserì nel commercio della BEIC, e la usò per produrre oppio nel Bengala ed in altre aree dell’India, controllando le esportazioni attraverso quelli che furono chiamati “diritti di transito”, cioè una tassa imposta dalla Corona su tutti i produttori di oppio regolarmente registrati presso le autorità statali che mandavano oppio in Cina. Fino al 1896, quando il commercio era ancora considerato illegale, non ci fu mai nessun tentativo per fermare il commercio di droga, così che colossali quantitativi di oppio furono spediti via mare dall’India a bordo dei “Tea Clippers” alla volta della Cina, quel tipo di vascelli tanto noti nell’immaginario popolare che tutti credevano che trasportassero tè. I mercanti del Bengala ed i loro controllori inglesi insieme ai banchieri divennero grassi e intolleranti a causa dell’enorme ammontare di somme che affluivano nelle casse della BEIC dal commercio dell’oppio con gli sventurati contadini cinesi. I profitti della BEIC, in quegli anni, eccedevano di molto gli attuali profitti di General Motors, Ford e Chrysler messi insieme.
La BEIC aveva sviluppato semi di papavero che davano oppio di ottima qualità nei campi di Benares e Bihar nel bacino del Gange in India, un paese che loro controllavano totalmente. Questo aveva il prezzo più alto, mentre l’oppio di qualità inferiore proveniente da piantagioni in altre zone dell’India era venduto a prezzi più bassi. Non rassegnandosi a perdere il suo commercio lucrativo, al sorgere delle opposizioni cinesi al contrabbando di oppio, la Corona Inglese ingaggiò lotte con le forze cinesi e le sconfisse durante le Guerre dell’Oppio a metà dell’800, che comportarono per la Cina, tra l’altro, la perdita di Hong Kong. Poiché la joint venture BEIC-Governo inglese gestiva il monopolio del commercio dell’oppio, le sole persone autorizzate a realizzare fortune istantanee provenivano dalla nobiltà, dalla aristocrazia, dalle famiglie plutocratuche ed oligarchiche, molti discendenti delle quali fanno parte oggi del Comitato dei 300 così come i loro onorevoli antenati sedevano nel Consiglio dei 300 che dirigeva la BEIC. Questi ultimi erano soci di tutti i maggiori club esclusivi di Londra ed erano per la maggior parte rappresentanti del parlamento, mentre altri, sia in India che in Inghilterra, erano magistrati. Per entrare in Cina era necessario un passaporto rilasciato dalla BEIC, cosicchè se qualche impiccione avesse cominciato ad investigare circa il coinvolgimento della Corona Inglese nel lucroso commercio dell’oppio, il suo passaporto sarebbe stato revocato.

Fonti:
John Coleman, The Conspirators Hierarchy: The Story of the Committee of 300, America West Publishers, 1992

http://www.ampltd.co.uk/collections_az/eic-factory-2/description.aspx

La BEIC (Compagnia Inglese dell'India Orientale) – Prima parte

Come abbiamo scritto in precedenza, le grandi fortune che ebbero il Malthusianesimo e le idee di Malthus, a cui si ispira il moderno movimento ambientalistico attraverso la mediazione delle teorie propagandate dal Club di Roma, si devono anche al fatto che la British East India Company (BEIC), germe del globalismo e della teoria del Governo Mondiale, creò per lui nel 1805 la cattedra di Economia politica presso l'East India Company College di Haileybury e gli permise di diffondere le sue teorie. Questo collegio era stato fondato dalla BEIC per preparare dall’età di 16 anni e fino ai 18 i loro collaboratori che dopo due anni di apprendistato venivano mandati in India. La BEIC fu una delle compagnie commerciali fra le più ricche e di più lunga durata (1600-1874). Esercitò una influenza pervasiva sulla politica coloniale inglese sin dall'inizio della sua storia, a causa dei suoi mezzi e del suo potere sia in Inghilterra che nel resto del mondo del commercio. Durante l'epoca della rivoluzione americana stava espandendo le sue attività in Oriente, in particolar modo in Cina, e con lo scopo di rafforzare la sua fino ad allora base precaria a Canton fondata nel 1762, la compagnia si mise a comprare sempre maggiori quantitativi di tè. Infine, con i suoi depositi stracolmi e con una incombente crisi finanziaria, la compagnia cedette parte del suo potere politico in cambio del diritto esclusivo di esportare te direttamente in America sotto l'atto legislativo di Lord North del 1773. Questa vicenda coincise con e influenzò la crisi fra la Gran Bretagna e le sue colonie americane. Dopo che l'Inghilterra aveva imposto le sua tassa sul tè nel 1767, il boicottaggio americano aveva ridotto il consumo di tè da 900.000 libbre nel 1769 alle 237.000 nel 1772. L'atto di Lord North permise percio alla BEIC di spedire forti quantitativi di tè in America esenti da tasse.
Fonti:
John Keay. The Honourable Company: A History of the English East India Company. New York: Macmillan, 1994.
Philip Lawson . The East India Company: A History. New York: Longman, 1993.
Anthony Farrington. Trading Places: The East India Company and Asia, 2002.

Malthus e le teorie per limitare la popolazione

Thomas Robert Malthus (1766-1834), , figlio di Daniel, un intellettuale seguace e amico di David Hume e Jean Jacques Rousseau, studiò presso il "Jesus College" di Cambridge dove, subito dopo la laurea divenne "Fellow" (assistente). Lasciò l'insegnamento per prendere gli ordini sacri e nel 1797 fu nominato Vicario in una parrocchia protestante del Surrey. Nel 1805 la British East India Company, germe del globalismo e della teoria del Governo Mondiale, creò per lui la cattedra di Economia politica presso l'East India College di Haileybury, dove rimase sino alla morte. Nell'ambito del dibattito sulla riforma della legislazione in Inghilterra, Malthus elaborò una teoria della popolazione in contrapposizione e per confutare le idee di William Godwin, che evidentemente andavano acquistando un'influenza sempre maggiore, e per protestare ad un tempo contro la nuova legislazione sui poveri. Nel 1798 Malthus pubblicò sotto anonimato la prima edizione di "An essay of the principle of the population as it affects the future improvement of society" (Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società), abbreviato "Essay on Population" (Saggio sulla popolazione). Una seconda edizione notevolmente modificata comparve nel 1803, e questa volta con il nome dell'autore. In quest'opera egli sostenne che l'incremento demografico avrebbe spinto a coltivare terre sempre meno fertili con conseguente penuria di generi di sussistenza per giungere all'arresto dello sviluppo economico, poiché la popolazione tenderebbe a crescere in progressione geometrica, quindi più velocemente della disponibilità di alimenti, che crescono invece in progressione aritmetica (teoria questa che sarà poi ripresa da altri economisti per teorizzare l’esaurimento del carbone prima, e del petrolio dopo). La teoria demografica di Malthus ispirò la corrente del Malthusianesimo, dottrina economica che attribuisce principalmente alla pressione demografica la diffusione della povertà e della fame in molte aree del pianeta e propugna un energico controllo delle nascite, al fine di evitare il deterioramento dell'ecosistema terrestre e l'erosione delle risorse naturali non rinnovabili. Questa teoria demografica naturalmente è andata incontro a varie critiche, esemplificate da Ralph Waldo Emerson, quando disse: "Malthus, affermando che le bocche si moltiplicano geometricamente e il cibo solo aritmeticamente, dimenticò che la mente umana era anch’essa un fattore nell'economia politica, e che i crescenti bisogni della società, sarebbero stati soddisfatti da un crescente potere di invenzione."L'influenza della teoria di Malthus sulla popolazione fu molto alta, ade sempio influenzò economisti come John Maynard Keynes. L'idea di Malthus della “Lotta per la sopravvivenza” dell'uomo ebbe una influenza decisiva sia su Charles Darwin che su Alfred Russel Wallace per la formulazione della loro teoria evoluzionistica. Malthus ha infine legato il suo nome oltre che alla controversa teoria della popolazione anche all'analisi monetaria, allo studio della rendita fondiaria e alla cosiddetta teoria degli "ingorghi generali" (in base alla quale le depressioni economiche sarebbero dovute, da una parte, all'eccessivo aumento del risparmio e degli investimenti e, quindi, dell'offerta di prodotti; dall'altra, all'insufficiente aumento della domanda di beni di consumo). Malthus si sposò nel 1804 ed ebbe dalla moglie 3 figli.