domenica 19 luglio 2009

Esperimenti condotti nel 1918 dimostarono che i malati gravi di influenza del ceppo Spagnolo (H1N1) non erano in grado di trasmettere il contagio


Autunno 1918, dilaga la Spagnola, si compiono esperimenti

Nel 1918 a 62 marinai della base di Deer Island vicino a Boston, di età compresa fra i 15 ed i 34 anni, tutti carcerati per crimini commessi in servizio fu offerta la possibilità del condono della pena se si fossero sottoposti ad esperimenti in cui avrebbero potuto essere contaminati con la mortale influenza Spagnola. Anche se oggi una tale metodologia è illegale, allora il Dr. M.J. Rosenau e l'ufficiale di marina J.J. Keegan pensavano che gli esperimenti sul gruppo di marinai avrebbe permesso di capire come si diffondeva l'epidemia. I marinai, inoltre, erano perfetti anche per altre ragioni. 39 di loro su 62 non avevano mai contratto nessuna forma di influenza. Quindi le domande alle quali gli esperimenti dovevano rispondere erano:

1. Era veramente così facile essere contagiati dalla Spagnola ?
2. Perchè alcuni si ammalavano ed altri no ?
3. Perchè la Spagnola, a differenza delle influenze normali, uccideva i più giovani ed i più sani ?
4. la veloce diffusione dell'epidemia poteva essere spiegata con i movimenti delle truppe durante la 1° Guerra Mondiale ?
5. Se era così contagiosa come sembrava, come avveniva esattamente la sua diffusione ?
6. E quale tipo di microorganismo stava causando la pandemia ?
[(*) da notare che solo nel 1928 Richard Erwin Shope fu il primo ad identificare come un virus l’agente patogeno responsabile della pandemia influenzale del 1918-19 nota col nome di Spagnola].

Già si sapeva che la Spagnola non colpiva gli animali, quindi non era possibile condurre esperimenti che sulle persone.
Alla fine tutti i 62 marinai a cui era stato offerto il condono accettarono l’offerta e furono condotti in una stazione di quarantena sull’isola di Gallops nel porto di Boston. Era il novembre del 1918 e in città l’epidemia stava scemando. I medici della marina americana quindi iniziarono gli esperimenti. Fu raccolto il muco dai nasi e dalle gole dei malati terminali di Spagnola. Il muco fu quindi inserito nei nasi e nelle gole di alcuni marinai volontari, mentre ad altri il muco fu inserito negli occhi. In un altro esperimento i medici tentarono di scoprire se la Spagnola potesse essere causata da un virus oppure da un batterio. Perciò filtrarono il muco dei malati attraverso maglie così sottili da essere in grado di bloccare i batteri, permettendo solo ai microscopici virus di passare. Quindi usarono il filtrato per infettare i marinai. I medici inoltre non si fermarono all’ipotesi che l’influenza, essendo una malattia respiratoria, si potesse trasmettere solo per via aerea. Quindi prelevarono il sangue da un malato terminale e lo iniettarono ad un volontario. Nel tentativo di simulare ciò che avviene nella realtà, i medici portarono 10 dei volontari al capezzale di malati gravi di Spagnola in un ospedale. I malati bruciavano di febbre ed erano in preda ai deliri. Ai volontari furono impartite queste istruzioni: ognuno doveva avvicinarsia i letti dei malati, accostare il proprio viso e respirare il fiato emesso dai malati e tentare di conversare con loro per 5 minuti. Per avere la certezza di una piena esposizione da parte dei volontari, i malati dovevano espirare profondamente mentre i marinai inspiravano il loro fiato. Alla fine i malati dovevano tossire 5 volte verso la faccia dei volontari. Ogni marinaio ripetè questa procedura con 10 diversi pazienti dell’ospedale. Ogni paziente doveva essere stato seriamente malato per non più di tre giorni, un periodo nel quale l’agente responsabile dell’epidemia doveva essere ancora sicuramente presente nel muco, nel naso e nei polmoni dei malati. Ma alla fine della serie di esperimenti nessun marinaio contrasse la Spagnola. Nemmeno uno. Era dura da credere. Come era possibile che questa “nuova” pandemia che si diffondeva alla velocità del fuoco, uccidendo giovani uomini addirittura in poche ore, riempiendo oltre ogni limite le camere mortuarie, sembrasse impossibile da trasmettere attraverso tutte le comuni casistiche in cui una malattia contagiosa si trasmette.
Alla fine dell’esperimento le domande erano ancora senza risposta.
Fu effettuata perciò una ulteriore sperimentazione con altri marinai prigionieri, che accetarono anch’essi l’offerta del condono. I nuovi soggetti erano 50 marinai di Yerba Buena, un’isola presso San Francisco. Mentre l’epidemia si stava diffondendo in città, l'isolamento aveva permesso loro di essere immuni dal contagio. Furono perciò condotti in una stazione di quarantena ed anche questa volta i medici fecero di tutto per contagiarli, impiegando gli stessi identici sistemi usati col gruppo di Boston. Ma anche questa volta, tra la sorpresa generale, il risultato fu identico: nessuno fra i 50 volontari contrasse la Spagnola. Per la seconda volta le domande degli scienziati rimasero senza risposta.

Se questi volontari sani non rimanevano infettati a dispetto degli sforzi dei medici, che cosa allora stava causando la pandemia ?
Come, esattamente, la gente rimaneva contagiata ?

(Tratto da “Flu. The Story of the Great Influenza Pandemic of 1918 and the Search for the Virus That Caused It” di Gina Kolata, Touchstone, Ney York, 1999)

Ma allora, come si trasmetteva il contagio ?

Nè la Kolata e nessun altro, ci risulta, ha ancora tentato di dare una spiegazione ai risultati dei due esperimenti. Ora sappiamo però che i virus dei ceppi spagnoli/aviari/suini provocano la morte indirettamente, attraverso la “tempesta di citochine”, una perturbazione del sistema immunitario. In poche parole ad uccidere è il sistema immunitario piuttosto che il virus. Il sistema immunitario subisce influssi stagionali: più forte in estate, più debole in inverno(**). Tentiamo ora di dare una spiegazione all’andamento della pandemia Spagnola e alla sua stagionalità. I virus di questi ceppi hanno caratteristiche di alta morbilità (sono molto contagiosi) e basse percentuali di mortalità. Come mai allora con la Spagnola morirono 100 milioni di persone ? A causa della “tempesta di citochine”; ad uccidere non era il virus ma il sistema immunitario. Una controprova ci viene dalla stagionalità della mortalità della Spagnola: a differenza delle influenze “normali”, la Spagnola nel 1918 colpì in estate (quando i sistemi immunitari sono più forti) e andò scemando dall’autunno verso l’inverno (quando i sistemi immunitari sono indeboliti). In tutti i casi i malati “leggeri” di influenza non fanno testo (non vengono conteggiati statisticamente, quindi sono sicuramente molti di più di quelli che vengono notificati). Infine una spiegazione del fatto che nei due esperimenti nessuno dei 112 marinai volontari si ammalò può dipendere dal fatto che i malati terminali di Spagnola in realtà non erano in grado di trasmettere il contagio perché i loro sistemi immunitari “forti” avevano già eliminato il virus.

(*)Richard Edwin Shope (25 Dicembre 1901 - 2 Ottobre 1966), ricercatore americano di patologia degli animali e virologo, fu il primo ad isolare un virus dell’influenza, il primo a vaccinare gli animali contro l’influenza ed il primo ad identificare nel 1928 come un virus l’agente patogeno responsabile della pandemia influenzale del 1918-19 nota col nome di Spagnola. Una delle sue osservazioni più importanti, in collaborazione con Paul Lewis, mostrò che un preparato contenente il batterio Haemophilus influenzae suis ed il virus dell’influenza suina produceva una tipica influenza nei maiali accompagnata da forti polmoniti. Questo chiarì il ruolo complementare tra virus e batteri nello scatenare malattie, e precedette il suo contributo più importante: scoprì che il virus dell’influenza suina poteva circolare attraverso i vermi dei polmoni, poi con le uova che venivano espulse con le feci, poi attraverso i vermi del terreno di nuovo nei maiali. Questa idea nuova e controversa aiutò a spiegare la natura ciclica dell’influenza. Fu solo però nel 1933 che Smith, Andrewes e Laidlaw isolarono il primo virus dell’influenza umana.

(**)Perché i virus aumentano in inverno ?
http://pandemia.blog.tiscali.it/Perch__i_virus_aumentano_in_inverno___1688045.shtml
James Michael Howard, ricercatore di Fayetteville, Arkansas, ha ipotizzato che nell'uomo il Deidroepiandrosterone (DHEA) sia necessario alla funzione immunizzante. Il DHEA è un ormone androgeno prodotto dalle ghiandole surrenali e il nostro corpo comincia a produrlo dall'età di sette anni per raggiungere il picco massimo tra i venti e ventiquattro. Dopo di che il livello del DHEA comincia a regredire del 20 % ogni dieci anni raggiungendo all'età di circa ottant'anni il 10% del livello massimo. Il DHEA è un substrato che serve a vari propositi: dalla produzione dell'energia cellulare, al metabolismo dei grassi, alla maturazione sessuale, alla crescita muscolare, mentre una quantità di studi hanno dimostrato anche che il DHEA è efficace contro gli agenti virali. La fonte primaria del DHEA è il DHEAS (Deidroepiandrosterone Solfato) nel sangue, ed il Testosterone (l'ormone naturale maschile prodotto dai testicoli, che é un immunodepressivo) riduce la conversione del DHEAS in DHEA. Siccome il Testosterone aumenta nelle persone in autunno ed in inverno ed anche il DHEAS è alto in autunno, Howard pensa che la ragione di ciò sia che l’aumento del Testosterone nei mesi freddi riduca la produzione del DHEA da parte del DHEAS. Inoltre, poiché il DHEA sembra abbia come funzione anche la produzione del calore corporeo, il clima freddo potrebbe comportare l’aumento dell'utilizzo del DHEA per produrre calore e quindi una ulteriore sua diminuzione. Aumento del Testosterone e contemporanea riduzione sinergica del DHEA potrebbero quindi spiegare perché le persone aumentano la loro vulnerabilità ai virus in inverno.

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