domenica 9 agosto 2009
Vaccino antinfluenzale: quanto serve veramente ?
Polemiche: il British Medical Journal pone in discussione la profilassi
Vaccino antinfluenzale: quanto serve veramente?
Un esperto, Tom Jefferson, riesamina le ricerche sulla sua efficacia.
Il verdetto: mancano le prove
Quest' anno arriva o no? Sarà nella forma attenuata - quasi non ce ne siamo accorti - dello scorso anno? L' incognita influenza è di stagione. Il vaccino è in farmacia da ottobre, i più ligi ai consigli degli esperti l' hanno già fatto ed è appena partita la vaccinazione gratuita per le persone a rischio, in primo luogo gli anziani. Ora si tratta di aspettare l' ondata (l' inverno scorso il primo caso fu a gennaio), come la chiamano i medici. Tutto secondo copione. Ma se si scoprisse che la vaccinazione antinfluenzale, quasi «un' istituzione sanitaria» nelle società evolute, serve a poco? Sarebbe un bello scompiglio per tutti: per i medici che da anni e anni sciorinano raccomandazioni sulla sua utilità alla prima foglia gialla sugli alberi, per il cittadino che, assolutamente convinto di quello che sta facendo, ogni anno se la paga di tasca propria, per le Asl che la offrono gratuitamente, anzi, annunciano con orgoglio di ricevere sempre più adesioni al loro invito. Chi scompiglia uno scenario ormai scontato è Tom Jefferson, esperto di vaccini di livello internazionale, nato a Viareggio da mamma italiana e papà britannico, responsabile del Cochrane Vaccines Field di Anguillara, nei pressi di Roma. Epidemiologo noto per la sua capacità di dissacrare certezze consolidate e la presunta «solidità» dei risultati di una ricerca scientifica inquinata da conflitti di interesse e smanie di carriera, (come ha fatto in Attenti alle bufale, il Pensiero Scientifico Editore, già alla seconda edizione), pubblica su uno degli ultimi numeri della rivista inglese British Medical Journal un' indagine sull' influenza assolutamente «speciale». Speciale perché il ricercatore ha fatto un accuratissimo lavoro di revisione che non era finora venuto in mente a nessuno: ha setacciato tutti gli studi sul vaccino antinfluenzale, sulla sua efficacia nella popolazione in generale, nei bambini ma soprattutto negli anziani, candidati di elezione alla «punturina» perché destinati ad andare incontro alle complicazioni della malattia, polmoniti e bronchiti gravi. Ebbene le evidenze che questa iniezione (intramuscolare) sia lo scudo contro un sacco di malanni appaiono improvvisamente incerte: soprattutto per quanto riguarda gli anziani, gli studi ci sono, ma non sono realizzati con metodi di selezione validi. Ad esempio dei 40 che Jefferson ha trovato per verificare l' efficacia del vaccino nella popolazione di età avanzata che vive nelle case di riposo, solo 26 riportavano i dati sui ceppi virali influenzali in circolazione in quella stagione e solo 21 fornivano informazioni su quelli contenuti nel vaccino. Pochissime anche le ricerche in cui il gruppo dei vaccinati fosse messo a confronto con un gruppo di non (il famoso «controllo»). Ma emergono anche limiti sulla sicurezza del vaccino, sul fatto, cioè, che non causi effetti collaterali importanti nella settimana successiva all' iniezione: dei tantissimi studi fatti, solo cinque hanno preso in considerazione quest' aspetto. Se le certezze per gli anziani vacillano, si disintegra nel nulla qualsiasi convinzione di un effetto protettivo sulla popolazione sana in generale: non c' è dimostrazione che la vaccinazione risparmi giorni di lavoro, riduca i ricoveri in ospedale e, in ultima analisi, la mortalità in chi ha meno di sessantacinque anni. Altro punto debole, anzi debolissimo, è l' efficacia della vaccinazione nei bambini sotto i due anni di vita che risulta pari a quella del placebo, cioè di un vaccino che contenga acqua fresca (e pensare che negli Stati Uniti è vivamente raccomandato in questi piccolissimi!). Allora, tutto da rifare? «Forse no, ma certo è che Jefferson ha messo in evidenza un problema importante - risponde Luisella Grandori, Responsabile delle vaccinazioni dell' Associazione culturale pediatri e consulente per le vaccinazioni della Regione Emilia-Romagna -. Sono partite, ormai da tanti anni, campagne di vaccinazione a tappeto. Jefferson ha gettato il sasso nello stagno dimostrando che è indispensabile condurre studi accurati, ad esempio, in Paesi dove la vaccinazione non è ancora offerta dal Servizio sanitario nazionale, come quelli dell' Europa dell' Est. E in Italia? È difficile tornare indietro dopo una pratica ormai "storica"; e poi, nell' incertezza se il vaccino funzioni o no, è comunque poco etico sottrarlo agli anziani». Sta di fatto che la vaccinazione contro l' influenza in Italia è coperta in larga misura dallo Stato, ora dalle Regioni, comunque dai soldi dei cittadini. Come spiega il virologo Fabrizio Pregliasco, esperto di influenza, del Dipartimento di sanità pubblica e microbiologia dell' Università di Milano: «Delle 16 milioni di dosi che si vendono ogni anno in Italia, i 3/4 vengono acquistate dal Servizio Sanitario ad un prezzo di circa 5 euro, il resto lo compra il cittadino in farmacia, dove ne costa da 8 a 11. Quindi si tratta senz' altro di una misura di sanità di cui si fa carico lo Stato, anche se poi complessivamente il costo non è così rilevante: non supera il 5% della spesa farmaceutica complessiva. Anch' io sono convinto che a questo punto devono essere avviati studi più rigorosi finanziati - perché no? - sia dalle aziende produttrici di vaccini sia dallo Stato nell' intento di chiarire questi dubbi». Alla luce delle considerazioni emerse dal lavoro di Jefferson, ci chiediamo però se abbia senso continuare, come se niente fosse successo, le campagne per arrivare a vaccinare tutti gli over 65; obiettivo quasi raggiunto dalla Regione Emilia-Romagna (70% di copertura), seguita dal Lazio, dalla Lombardia e dalla Toscana. Ma mentre ci arrovella non poco il dubbio, Jefferson affonda ancora di più il coltello nella piaga, affermando che tutta l' emergenza influenza è un artefatto, creato facendo un gran miscuglio di virus influenzali e para-influenzali. La verità è che non disponiamo di una rete di sorveglianza capace di distinguerli.
Franca Porciani
TOM JEFFERSON Nato il 31 marzo del 1954 a Viareggio da mamma italiana e padre britannico, si è laureato in medicina a Pisa nel 1979; ha poi vissuto in Inghilterra per vent' anni dove si è specializzato in epidemiologia. È tra i fondatori della Sezione vaccini della Cochrane Collaboration. Autore di importanti lavori di revisione, è noto anche per i suoi libri: Attenti alle bufale, arrivato alla seconda edizione, e Aviaria. Influenza dei polli?, entrambi per il Pensiero Scientifico Editore. Vive e lavora a Anguillara (Roma). In passato Raggi inutili e bisturi selvaggio I dubbi sollevati su una vaccinazione ritenuta finora utilissima negli anziani e in chi ha le difese abbassate riporta alla mente pratiche mediche che non hanno retto al passo con i tempi:
SCHERMOGRAFIA: chi adesso è vicino ai sessant' anni la ricorda bene: non c' era bambino che non venisse periodicamente ispezionato con questo apparecchio per individuare lesioni polmonari, principalmente tubercolari. In realtà espone ad una dose di radiazioni più elevata di una lastra del torace e nessuno oggi si sognerebbe di proporla ancora come screening di massa.
TONSILLECTOMIA: negli anni Cinquanta e Sessanta era un intervento chirurgico molto in voga: bastava qualche episodio di tonsillite per finire sotto le mani del chirurgo. A quell' epoca si riteneva che le tonsille fossero un organo «inutile»; si è scoperto poi che svolgono un ruolo di difesa importante contro le infezioni.
APPENDICECTOMIA: stessa storia, stessa epoca. Organo inutile e impossibile da esplorare all' epoca, dopo due presunte coliche si entrava in sala operatoria. Per scoprire spesso che l' appendice non aveva alcun problema.
Fonte:Porciani Franca - corriere.it
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